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4. Destinazioni d’uso co no

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Norme

I mutamenti di destinazione d’uso, anche senza opere edilizie, costituiscono trasformazione del territorio ed assumono rilevanza ai fini del controllo dell’organizzazione funzionale del territorio, per la variazione dei carichi urbanistici che ingenerano la domanda di spazi pubblici (standard), differenziati dalla disciplina urbanistica per zone omogenee e per destinazioni d’uso.

La disciplina della L.R. 36/87 (art. 7) prevede che il piano urbanistico generale classifichi le categorie di destinazione d’uso secondo le disposizioni della L.R. 35/77.(artt. 14 e 15). Più specifiche destinazioni possono essere previste dalla pianificazione attuativa.

La variazione della destinazione d’uso tra diverse categorie è soggetta a permesso di costruire; la variazione di destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria è soggetta a D.I.A.

Dalla L.R. 35/77 si possono dedurre le seguenti categorie:

  1. residenziale [1]
  2. turistica – ricettiva [2]
  3. terziaria – direzionale [3]
  4. commerciale [4]
  5. produttiva [5]
  6. agricola

L’uso dell’immobile è quello risultante dal titolo edilizio, a prescindere dalla destinazione di zona. [6]

Note

[1]la destinazione residenziale può essere articolata tra abitazioni e abitazioni collettive (residenze speciali per anziani, collegi, conventi).
[2]la destinazione turistico ricettiva potrebbe comprendere, oltre agli alberghi, le pensioni e i camping, anche le strutture ricreative (cinema, sale convegni, centri benessere, palestre, discoteche, stabilimenti balneari) che richiedono grandi superfici e, se fossero invece assimilate al commerciale, rischierebbero una tendenziale riconversione in strutture di vendita.
[3]la destinazione terziario-direzionale può essere articolata in attività direzionali (sedi di enti e società pubblici e privati), attività di servizio alle imprese ed alle persone (studi professionali) e strutture specializzate per servizi privati (cliniche, scuole e centri di formazione).
[4]la destinazione commerciale può comprendere, oltre alle strutture di vendita (negozi e supermercati), i pubblici esercizi (bar, ristoranti) e l’artigianato di servizio non molesto (lavanderie, officine di riparazioni auto, calzolai) integrabile con la residenza.
[5]la destinazione produttiva può comprendere, oltre alle industrie e ai laboratori per la produzione di beni, l’artigianato di servizio non integrabile con la residenza (carrozzerie, lavanderie industriali), i depositi (di merci e di mezzi) e le strutture di vendita all’ingrosso.
[6]In caso di uso promiscuo è opportuno che il regolamento edilizio quantifichi, ai fini della definizione di attività prevalente, la soglia percentuale di uso delle superfici dell’immobile ed escluda le attività incompatibili.