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Criteri d’intervento negli insediamenti storici

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Regolamento

Superfici architettoniche delle quinte esterne di edifici e manufatti d’interesse storico e culturale

Un’appropriata attività di tutela e conservazione del paesaggio costituito dagli insediamenti storici deve fondarsi su una regolamentazione attenta delle attività di manutenzione e conservazione condotte sulle superfici delle quinte edificate di manufatti che esprimono la complessa vicenda storica e culturale del territorio considerato. Ciò si deve tradurre nella predisposizione di un adeguato regolamento edilizio, sostenuto da criteri culturali e di metodo rispondenti alla moderna disciplina del restauro e della manutenzione tradotte in buone pratiche di progetto e cantiere. Il controllo di tale attività di manutenzione e conservazione del costruito storico, oltre che configurare un dovere civico, è obiettivo strategico diretto a perseguire lo sviluppo locale attraverso politiche di valorizzazione del patrimonio culturale edificato a partire, in specie, dal centro storico. In assenza, infatti, di un preventivo indirizzo normativo, le consuete pratiche manutentive condotte sull’edilizia esistente - soprattutto quando d’interesse culturale - associate alle generiche categorie di intervento fornite dalla legislazione nazionale sulla manutenzione ordinaria e straordinaria, possono indurre gravi danni all’integrità del paesaggio urbano e diminuirne l’attrattività sul piano dell’offerta turistica di qualità. Da ciò discende la necessità di assicurare un coordinamento normativo locale che riduca gli ambiti discrezionali d’interpretazione delle menzionate categorie d’intervento da parte degli attori dell’attività edilizia - committenti, professionisti e imprese - e che induca una preliminare valutazione progettuale ispirata ai principi teorici ed operativi della disciplina del restauro.

La pur indispensabile manutenzione, infatti, quando rivolta ad un costruito denotato da una stratificazione di valori culturali, prodotto di una lunga vicenda storica, deve anzitutto garantirne l’appropriata conservazione materiale evitando manomissioni che possano diminuirne il carattere di autentica testimonianza del passato. Deve anche, nel medesimo tempo, renderne apprezzabili e leggibili gli eventuali valori estetico-formali. Sarà, pertanto, l’attenta considerazione storico-critica dei palinsesti architettonici e stilistici a guidare la comprensione e la selezione dei valori e disvalori che la storia ha stratificato sulle superfici degli edifici e dei manufatti, orientando le scelte progettuali ed operative più opportune quanto ad azioni di conservazione, rimozione, reintegrazione, liberazione e ripristino.

I ragionamenti sottesi ad ogni intervento di manutenzione-conservazione delle quinte edificate degli insediamenti storici devono pertanto assumere come prioritaria la difesa della loro molteplice e pluristratificata qualità figurativa in quanto prodotto della storia e della cultura dei luoghi; presenza incorporata sulle medesime superfici. Sotto tale punto di vista, quindi, lo stato odierno di una quinta edificata, indagato nelle sue qualità di consistenza materiale e formale, è da giudicarsi autentico così come lo fu agli inizi della sua esistenza, differenziandosi per una insopprimibile e preziosa diversità indotta dall’ininterrotto flusso del tempo che si sostanzia in una geografia di segni e colori che consentono di apprezzarne l’autentico “vissuto”. Un’autenticità, dunque, che rimane tale solo se accompagna e qualifica il manufatto nella sua intera storicità, dalle origini fino al momento contemporaneo, evitando indebite selezioni o regressioni temporali. Tale ambito di ragionamenti conduce a ritenere la questione del colore delle superfici delle quinte edificate degli insediamenti storici come di notevole importanza nonostante essa sia perlopiù ricondotta nella pratica corrente alla scelta di un presunto “colore originario”. Tuttavia la difficile questione del colore non è proponibile nei termini superficiali anzidetti, mentre deve trovare la sua giusta collocazione nella più articolata e complessa problematica delle discipline teoriche ed operative del restauro generalmente inteso e del restauro architettonico in particolare, sia che tali superfici presentino cospicui valori di interesse architettonico e artistico, sia che abbiano solo valore documentale o ambientale. La scelta di una finitura cromatica, infatti, deve essere il momento terminale di una sequenza di azioni che salvaguardino il significato testimoniale del passato, vivo ed attualizzato nell’intervento di restauro, e deve incrementarne la qualità selezionando opportunamente i valori da conservare, eventualmente aggiungendone di nuovi, e i disvalori da rimuovere.

Ciò dovrebbe indurre un pregiudiziale rifiuto di troppo scontate formule ripristinatorie che portano inevitabilmente a considerare come valida ed attendibile - ancorché quasi sempre impossibile da precisare e ancor di più da riprodurre - la sola fase storica di origine dell’edificio-manufatto. Sovente, infatti, l’illusione di poter restituire alla facciata d’un edificio il suo stato cosiddetto “originario” e quindi il suo colore supposto primigenio, conduce, inevitabilmente, a sconcertanti mistificazioni e falsificazioni, recando inoltre gravi scompensi ambientali. In tal modo gli insediamenti storici non solo vengono privati di una loro qualità intrinseca - come quella di provenire da un passato reso evidente e ben leggibile dal lento stratificarsi delle patine d’invecchiamento naturale depositatesi sulle superfici edilizie - ma anche violentati da inverosimili restyling e da opere di rimessa a nuovo di vecchi intonaci (molto spesso interessati da ingiustificate demolizioni e sostituiti da dozzinali prodotti industriali) con il corredo, sovente, di bizzarre coloriture (quasi sempre sintetiche se non addirittura al quarzo plastico, ancora molto impiegato). Tutto ciò si traduce in un generale decadimento della qualità ambientale degli insediamenti storici, i cui negativi esiti possono interessare anche aspetti diversi dell’economia locale, quando si tratti di comunità che ben potrebbero trarre vantaggio da un turismo di tipo culturale legato proprio alla elevata qualità dei luoghi.

1. Criteri di indirizzo metodologico e culturale

La dimensione paesaggistica degli insediamenti storici, che concorre ad integrare la nozione di identità culturale del territorio, impone di considerare la valenza sistemica di ogni singolo intervento manutentivo condotto sulle superfici delle quinte edificate, specie quando finalizzato a modificarne la tipologia e la qualità della finitura cromatica. Tale ultimo aspetto della problematica manutentiva, infatti, è potenzialmente idoneo ad indurre significative perturbazioni nei confronti della percezione del contesto, inteso nel suo carattere di lenta stratificazione di segni che ne comunicano l’origine antica e che producono nelle comunità insediate un sentimento di identità legato alla tradizione dei luoghi. Nel caso degli insediamenti storici a carattere compatto, i cosiddetti centri storici, le riflessioni testé svolte si traducono nella necessità di non limitare l’attività di tutela e conservazione alla singola emergenza monumentale, come troppo spesso accade, ma di estenderla al complesso degli edifici e dei manufatti che concorrono a definire un paesaggio fortemente ed indissolubilmente unitario, tradotto in una complessa articolazione di volumi, spazi aperti, visuali prospettiche che integrano alle singole emergenze monumentale interi spazi-ambienti costruiti.

Giova ricordare quanto a suo tempo affermato nella Carta del restauro di Venezia del 1964:

La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l’ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un’evoluzione significativa o di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale”.

L’interesse per il monumento isolato non deve, pertanto, mai dissociarsi dall’ambiente che lo contiene e lo riconduce ad un più complesso e organico orizzonte di coerenti valori d’insieme, integrando la nozione più vasta di paesaggio. Manomettere anche una singola quinta edilizia, attraverso errati interventi di rifacimento delle superfici edilizie ed architettoniche esterne, fosse anche di un solo brano murario, può comportare, infatti, un significativo decremento dei valori di qualità d’uno spazio-ambiente costruito, determinando negative ricadute anche sulle singole emergenze monumentali. Occorrerà uguale attenzione, dunque, sia per gli edifici e manufatti di maggiore significato storico e artistico, sia per l’insieme dell’edilizia e degli spazi in cui essi sono collocati secondo rapporti d’indissolubile organicità.

È quindi indispensabile che le pratiche manutentive non producano squilibri ambientali derivanti dalla mancata comprensione preliminare dell’insieme urbano e del contesto paesaggistico in cui ricade il singolo intervento. Si pensi, ad esempio, alle ritinteggiature parziali - specie dei piani terra - di quinte unitarie di edifici che l’invecchiamento naturale rendeva ancora leggibili come tali. Si tratta di prassi, purtroppo assai diffuse, che riescono a stravolgere ambienti anche di notevole pregio e che, una volta eseguiti, sono di difficile rimozione.

L’ambito delle riflessioni avanzate depone per una cura dei valori culturali incorporati sulle quinte edificate che formano il paesaggio degli insediamenti storici, che dovrà scaturire da un regolamento edilizio contenente norme prescrittive e d’indirizzo – possibilmente integrato da un piano di settore (Piano per il restauro del colore) diretto a fornire puntuali prescrizioni attuative – strutturato secondo criteri concettuali e operativi aggiornati, rispondente ad una cultura del restauro di natura critico-conservativa. Il complesso normativo di un regolamento edilizio attento alle suddette problematiche dovrà promuovere la buona pratica del “progetto di restauro” allo scopo di perseguire la “conservazione” o anche, secondo le circostanze, modalità di reintegrazione di quanto perduto o di rimozione di quanto d’improprio il tempo ha depositato sulle superfici. Ogni scelta in tal senso dovrà fondarsi su un’accurata comprensione storico-critica e scientifico-tecnica della quinta edificata. A questo riguardo è importante che le norme provvedano anzitutto a sostanziare l’applicabilità delle categorie d’intervento edilizio della manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché del restauro e del risanamento conservativo come recepite dalla legislazione nazionale, individuandone i limiti di operatività per categorie e classi di edifici e manufatti, ovvero in ragione dei valori di rappresentatività materiale e formale delle superfici edilizie ed architettoniche oggetto degli interventi.

In particolare, la previsione della manutenzione ordinaria delle superfici esterne di finitura, che può comprendere anche l’integrale demolizione ed il rifacimento, deve trovare una puntuale regolamentazione volta a favorire in primo luogo la priorità della conservazione materiale, specie quando si tratti di superfici architettoniche tradizionali - intonacate, tinteggiate, in stucco o in materiale lapideo - di fattura antica o, quando recenti, comunque espressive di un’elevata qualità formale e costruttiva. In definitiva le norme contenute in un regolamento edilizio - eventualmente integrate da un piano di settore diretto a fornire specificazioni attuative puntuali riguardo ai limiti di operatività delle categorie d’intervento come configurate dalla disciplina edilizia di legge - dovranno assicurare un approccio scientificamente corretto alla problematica della tutela e salvaguardia dell’immagine degli insediamenti storici, promuovendo la cultura del restauro tradotta nelle buone pratiche del progetto e del cantiere, con lo scopo di evitare la manomissione dei valori culturali - storico, artistici e paesaggistici - in esse depositati. La finalità è di garantire, nel tempo, una coerenza tra riflessione teorica, progetto ed azioni operative, così da suggerire, momento per momento, gli interventi più appropriati e compatibili con la necessità di tutela dei valori di cultura contenuti nel paesaggio insediativo storico compatto e diffuso inteso come monumento globale.

2. Classificazione delle quinte edilizie e dei manufatti da assoggettare alla normativa per la tutela degli insediamenti storici

Le superfici esterne degli edifici e dei manufatti da assoggettare ad un disciplinare normativo volto a promuoverne la conservazione materiale e la valorizzazione delle qualità formali debbono:
  • ricadere all’interno della zona A di Centro Storico - o analoga classificazione urbanistica - come perimetrata dallo strumento locale di pianificazione;
  • essere state eseguite almeno da almeno 70 anni, al momento in cui si devono effettuare gli interventi manutentivi.

I manufatti diversi dalle quinte edilizie di edifici, le cui superfici esterne devono comunque essere considerate ai fini della tutela, sono:

  • ruderi e/o relitti di strutture edilizie che interessino l’archeologia antica e medievale;
  • i muri di cinta qualora possiedano interesse storico-documentale o architettonico;
  • fontane e/o mostre d’acqua monumentali o d’interesse documentale;
  • memorie ai Caduti nelle Guerre o riguardanti qualsiasi altro evento storico e/o persona fisica;
  • edicole cimiteriali e tombe monumentali edificate entro il 1945 ovvero appartenenti ad opera d’autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni;
  • iscrizioni, lapidi ed edicole sacre ed ogni altra testimonianza documentale e/o ornamentale, anche relitta, esposta o meno alla pubblica vista incorporata o meno nelle quinte edilizie.

2.1. Elementi componenti le superfici esterne di edifici e manufatti

La normativa sarà diretta a regolamentare le azioni manutentive e di restauro delle superfici esterne delle quinte di edifici e/o manufatti e degli elementi ad esse incorporati ed addossati come di seguito specificati.

2.1.1. Componenti materiali delle superfici edificate

Per componenti edilizie delle superfici edificate si intendono:

  • superfici intonacate di tipo tradizionale e industriale;
  • superfici in stucco;
  • superfici con paramenti murari in pietra;
  • superfici con paramenti laterizi;
  • superfici con paramenti lapidei;
  • superfici in paramento ceramico.

2.1.2. Elementi incorporati alle superfici delle quinte edificate

Per elementi incorporati alle superfici delle quinte edificate si intendono:

  • complementi di fabbrica quali manti di copertura, balconi (o altre tipologie di aggetti indipendentemente dalla contemporaneità dei medesimi alla struttura materiale e formale delle quinte edificate), gronde, discendenti e camini;
  • infissi e serramenti di qualunque tipologia e natura (porte, finestre, ringhiere, grate, roste, cancelli ecc.);
  • elementi in ferro di qualunque tipologia ed aventi valore storico documentale (piastre di capochiave appartenenti ad interventi di consolidamento effettuati prima del 1945);
  • chiodi, perni e staffe ed altri complementi funzionali degli impianti di pubblica illuminazione precedenti il 1945.

2.1.3. Elementi di tipo tecnologico e commerciale addossati alle quinte edificate

Per elementi addossati alle superfici delle quinte edificate si intendono:

  1. Impianti tecnologici addossati alle quinte degli edifici di qualunque tipologia e natura:
  • cavi elettrici di utenze pubbliche e private comprese le relative scatole ed apparecchiature accessorie come citofoni, videocitofoni, campanelli ecc.;
  • utenze dell’acqua e del gas quali tubazioni e scatole dei contatori;
  • fili del telefono comprese le apparecchiature accessorie;
  • corpi illuminanti appartenenti ad utenze pubbliche e private;
  • impianti tecnici di allarme, di condizionamento e similari;
  • impianti tv analogici e digitali con relative antenne a parabola;
  • impianti per la produzione di energia solare ed eolica;
  • canne fumarie e torrini esalatori.
  1. Oggettistica legata a funzioni terziarie di tipo commerciale e libero professionali di qualunque tipologia e natura:
  • vetrine;
  • bacheche;
  • insegne;
  • targhe;
  • tende parasole;
  • cassette postali;
  • insegne stradali.

3. Indirizzi ed obiettivi generali sottesi alle norme per gli interventi sulle superfici esterne di quinte edificate e di edifici e manufatti degli insediamenti storici

Un regolamento edilizio-tipo diretto alla tutela dell’immagine costituita dagli insediamenti storici e dalle superfici edilizie ed architettoniche di edifici e manufatti che ne compongono il paesaggio dovrà assicurare i seguenti indirizzi ed obiettivi:

  • normare il complesso degli interventi edilizi che si compiono sulle superfici esterne di edifici e/o manufatti dell’insediamento di valore culturale e paesaggistico, contenendo i margini di discrezionalità a carico di privati, committenti ed imprese ed indirizzando la progettualità degli operatori tecnici. La normativa dovrà affermare la priorità dell’interesse pubblico collettivo in materia di decoro urbano e di aspetto del paesaggio insediativo storico, rispetto agli interessi particolari dei singoli privati e/o di categorie di privati;
  • precisare i limiti di operatività e di validità delle categorie d’intervento della manutenzione ordinaria e straordinaria e del restauro e risanamento conservativo, condizionando le procedure edilizie “autocertificate” definite dal DPR 380/2001 al rispetto dei criteri d’indirizzo generali e specifici desunti dalla normativa edilizia locale;
  • introdurre norme dirette a responsabilizzare l’amministrazione comunale relativamente agli interventi manutentivi e di restauro che si compiono su edifici e/o manufatti soggetti alla tutela statale sia di proprietà pubblica che privata, ovvero ricadenti in piani di settore comprensoriali volti alla tutela dei valori culturali e paesaggistici. Ciò al fine di avviare una virtuosa collaborazione tra enti nel principio della sussidiarietà che deve vedere il comune, quale ente più prossimo per contiguità spaziale, maggiormente coinvolto sia quanto a vigilanza che in termini di controllo preventivo;
  • promuovere un approccio metodologico, di tipo progettuale e scientifico, alla manutenzione ed al restauro delle quinte esterne di edifici e/o manufatti d’interesse culturale e paesaggistico, congruente con il livello dei valori riscontrabili a scala di unità insediative ovvero di singoli casi di specie;
  • promuovere la progettualità degli interventi di manutenzione e restauro individuando la tipologia degli elaborati di analisi e progetto degli interventi secondo scale di approfondimento proporzionate all’entità delle opere proposte ed al valore dell’edificio-manufatto su cui si interviene;
  • orientare la progettualità degli interventi di manutenzione e restauro verso una comprensione integrale dei manufatti, indagati nella loro peculiare vicenda storica, senza tendere verso aprioristici ripristini di fasi stilistiche anche storicamente accertate, privilegiando invece l’unità e la coralità architettonica e urbana delle quinte;
  • privilegiare le categorie di intervento che prevedano la conservazione materiale delle superfici esterne di edifici e/o manufatti d’interesse culturale e paesaggistico, limitando i rifacimenti integrali ai soli casi di assoluta necessità, secondo i criteri operativi stabiliti più avanti;
  • limitare, nelle operazioni conservative, le azioni di pulitura e rimozione solo alle sole sovrammissioni che - dopo attento ed approfondito studio storico e critico - siano ritenute nocive dell’integrità materiale nonché formale delle quinte e che pertanto siano giudicate come aggiunte indebite;
  • ove sia consentita una radicale trasformazione del palinsesto materiale e formale di una quinta edificata e/o di un manufatto, promuovere una progettazione di qualità attenta alla necessità di un appropriato e meditato inserimento ambientale, evitando di scadere nell’ambientamento mimetico;
  • predisporre un documento operativo di piano che regoli puntualmente gli interventi con norme di carattere generale applicate in base ad una classificazione del costruito storico in relazione ai valori ambientali, materiali, architettonici e stilistici riscontrabili in ogni singolo edificio-manufatto storico o storicizzato.

4. Criteri comportamentali specifici

Il regolamento edilizio, indipendentemente dall’esistenza o meno di uno specifico strumento di settore (Piano per il restauro del colore), può garantire un adeguato corpus di norme che dettagli puntualmente scopi e finalità delle azioni che possono essere condotte sulle superfici architettoniche ed edilizie delle quinte edificate. In particolare tali norme dovranno trarre ispirazione dai criteri di comportamento seguenti:

  • proporre di ogni singola quinta edificata, attraverso l’opera di conservazione, manutenzione e restauro, l’interpretazione contemporanea più prossima alla presentazione, comprensione e comunicazione dei valori storico-formali e materiali del palinsesto edilizio ed architettonico, con riguardo alla cultura che lo ha prodotto ed eventualmente trasformato nel tempo. Nel caso frequente di aggiunte successive all’impianto ritenuto originario, occorre distinguere quelle che costituiscono superfetazioni (in quanto presenze estranee al palinsesto architettonico per una loro insopprimibile disorganicità, per il carattere di manomissione materiale dell’edificio nonché d’impoverimento formale della sua qualità architettonica) da quelle che configurano una testimonianza documentale significativa del passato, e perciò meritevole di conservazione, e da quelle che, per i loro intrinseci valori formali e stilistici, denotano l’esito di una particolare e riconoscibile cultura artistica, architettonica o anche di una semplice civiltà del costruire storica ancorché appartenente alle fasi successive a quella di origine dell’edificio;
  • favorire il più possibile le operazioni dirette alla conservazione delle superfici architettoniche originarie, a qualunque tipologia esse appartengano (intonaci, stucchi, murature di pietra e/o di mattoni, paramenti lapidei, in ceramica e in metallo), o comunque riconducibili ad una tradizione propria dei luoghi. Il primo obiettivo sarà la migliore conservazione della materia originaria, espressione delle diverse fasi costitutive dell’edificio-manufatto, nelle condizioni riscontrate al momento dell’intervento;
  • garantire, nei casi di reintegrazione di superfici ampiamente lacunose dirette a ricostituire l’integrità materiale e formale delle quinte edificate - sempre che non si tratti di testimonianze ruderali dell’archeologia antica e medievale - la compatibilità fisico-chimica e meccanica dei nuovi materiali con quelli esistenti;
  • quando non sia possibile confezionare materiali di reintegrazione di superfici mancanti ricorrendo a tecniche artigianali tradizionali, consentire l’uso di prodotti preconfezionati appositamente studiati per il restauro di superfici tradizionali, sulla base di apposita certificazione tecnica rilasciata dalla casa produttrice;
  • ammettere, sui relitti dell’archeologia antica e medievale, i soli interventi conservativi, diretti a salvaguardarne la consistenza materiale;
  • assicurare la conservazione in loco di tutti gli elementi incorporati nelle superfici edilizie ed architettoniche (vedi punto 2.1.2), se costitutivi dell’impianto originario della quinta edificata ovvero quando siano d’evidente interesse storico-documentale e culturale;
  • subordinare il mantenimento e l’inserimento degli elementi addossati (vedi punto 2.1.3.) alla verifica dell’integrità materiale e formale del palinsesto edilizio ed architettonico delle quinte edificate;
  • individuare all’interno del patrimonio del costruito storico tutti gli immobili che costituiscono beni culturali. sui quali l’amministrazione comunale potrà sottoporre a particolari prescrizioni l’inserimento di elementi addossati (vedi punto 2.1.3.), fino a prevederne il divieto, se necessario per tutelarne i valori intrinseci;
  • rendere obbligatoria, in caso di comunicazione di lavori di manutenzione e restauro, la ricognizione di tutti gli elementi incorporati e sovrammessi comunque incidenti sulla consistenza materiale e sull’aspetto delle superfici di edifici e manufatti, al fine di poterne valutare la conservazione o la rimozione;
  • indicare i requisiti professionali e tecnici dei soggetti deputati alla progettazione, alla direzione dei lavori nonché all’esecuzione degli interventi di conservazione, manutenzione e restauro degli edifici e manufatti interni agli insediamenti storici. Per gli interventi su immobili riconosciuti come beni culturali, e in tutti gli altri casi accertati da una valutazione di merito effettuata dall’autorità comunale che vi provvede nelle forme di legge, deve essere garantita la presenza di operatori tecnici ed artigiani qualificati nel campo del restauro dell’edilizia storica e monumentale, rilevabile da idonea certificazione rilasciata da università ed istituti di formazione riconosciuti in ambito nazionale.

5. Modalità operative per gli interventi di manutenzione e restauro di superfici intonacate e lapidee

Le categorie della manutenzione ordinaria e straordinaria nonché del restauro e risanamento conservativo, come definite dall’articolo 3 del DPR 380/2001, devono trovare specificazione in una classificazione di azioni operative da condursi sulle superfici architettoniche finalizzate in primo luogo alla loro conservazione.

5.1. Conservazione Integrale

Nella conservazione integrale hanno valore preminente ed esclusivo le azioni di conservazione materiale delle superfici architettoniche così come esse si presentano al momento di effettuare l’intervento. Le azioni di conservazione ammesse sono dirette a salvaguardare la compagine materiale da situazioni di degrado in corso, rallentando o, nei casi in cui sia possibile, arrestando il processo degenerativo. Lo scopo principale della conservazione integrale è di conservare, assieme alla consistenza materiale e stratificata delle superfici architettoniche, anche la loro apparenza formale quale si è venuta definendo nel tempo. Nella conservazione integrale la rimozione delle aggiunte - di qualsiasi natura e genere - deve essere sostenuta da motivate finalità di carattere storico-documentario e di corretto inserimento nel contesto del paesaggio urbano in cui ricade il fronte edificato oggetto dell’intervento e deve comunque essere assoggettata ad autorizzazione del competente Ufficio Tecnico comunale. La conservazione integrale, di norma, è rivolta ai relitti di edifici e manufatti d’interesse documentale ed archeologico e, comunque, a tutte le circostanze in cui lo stato di degrado e di trasformazione dell’impianto originario sia tale da renderne impossibile la restituzione senza scadere nel ripristino o nel falso.

Premesso quanto sopra, nella conservazione integrale è vietato:

  • demolire parti anche limitate di superfici intonacate e lapidee conservate in sito a meno che non ne ricorrano i presupposti di assoluta necessità, ovvero nel caso di fenomeni degenerativi che ne rendano impossibile la conservazione in situ;
  • rimuovere tracce di coloritura ovvero di altra tipologia di finitura, di qualunque specie e consistenza ancora aderenti al substrato e riconducibili alla fase edilizia originaria ovvero a successivi interventi di manutenzione e restauro e sempre che ciò non comporti pregiudizio alla conservazione materiale delle superfici edilizie ed architettoniche delle quinte;
  • rimuovere indiscriminatamente le patine superficiali dove esse siano frutto dell’azione fisiologica del tempo e sempre che la loro conservazione selettiva non rechi pregiudizio per la conservazione materiale per le superfici di supporto;
  • rimuovere e/o demolire parti anche limitate di stucchi o inserti lapidei, aventi o no peculiari caratteri stilistici, appartenenti ai complementi architettonici e decorativi delle quinte edificate, se non prima d’aver verificato l’efficacia di un intervento di consolidamento e comunque senza il previo assenso dell’Ufficio Tecnico comunale;
  • rimuovere e/o demolire parti anche limitate di inserti architettonici in pietra locale (peperino, tufo, travertino ecc.), pur se in avanzato stato di degradazione, dovendone garantire la conservazione in situ mediante opportuni interventi di consolidamento e comunque senza il preventivo assenso dell’Ufficio Tecnico comunale;
  • procedere a reintegrazioni di inserti architettonici in pietra (peperino, travertino ecc.) quando siano in avanzato stato di degradazione, mediante riproposizione di una presunta integrità formale desunta da elementi superstiti in buono stato di conservazione;
  • procedere a ritinteggi delle superfici architettoniche, dovendosi solo prendere in considerazione - qualora lo si ritenga opportuno secondo la valutazione del caso specifico - l’applicazione di velature alla calce al solo scopo di rendere possibile una percezione unitaria e non frammentaria di tali superfici architettoniche, evitando di obliterarne il complesso e stratificato valore di documento materiale.

5.2. Conservazione, Rimozione e Reintegrazione

Nella Conservazione, Rimozione e Reintegrazione azioni di conservazione - dirette a salvaguardare le superfici architettoniche intonacate e lapidee, così come si presentano al momento dell’intervento e sempre che non siano l’esito di rifacimenti recenti con materiali inappropriati - sono accompagnate da rimozioni locali di sovrammissioni ritenute indebite e dalle reintegrazioni dirette a ristabilire la continuità materiale e formale delle quinte degli edifici. La Conservazione, Rimozione e Reintegrazione deve assicurare la conservazione in situ delle superfici edilizie ed architettoniche (intonaci, rivestimenti lapidei e tinteggi) così come esse si trovano al momento dell’intervento, limitando le rimozioni ai soli casi in cui l’avanzato stato di degrado renda inefficaci le opere di conservazione.

Devono di norma essere rimossi i rifacimenti d’intonaco e dei tinteggi eseguiti con materiali di tipo non tradizionale (intonaci cementizi premiscelati, tinteggi di tipo plastico, acrilico ecc.) la cui esecuzione abbia recato un’evidente interferenza nella percezione unitaria del fronte architettonico (rifacimenti parziali d’intonaci e tinteggi). Si deve tendere alla rimozione di tutte le aggiunte al palinsesto architettonico che siano riconosciute come superfetazioni in quanto oggettivamente interferenti con l’integrità materiale e formale della quinta oggetto d’intervento. Ciò secondo una valutazione di merito diretta ad accertare l’inesistenza di peculiari e qualificanti valori storico-documentali ovvero culturali che possano indurre a ritenere le aggiunte come stratificazioni meritevoli di conservazione e restauro. È altresì disposta la rimozione di rivestimenti in lastre di materiale lapideo - o di altro tipo di materiale - che costituiscano una contro-quinta rispetto a quella originaria o che definiscano una zoccolatura estranea all’integrità formale e materiale della quinta edificata. Nei casi di lacune materiali dovute a fenomeni di degrado ovvero a rimozioni, sono ammesse le reintegrazioni degli intonaci, degli inserti in stucco e lapidei nonché dei tinteggi, allo scopo di attribuire alle quinte edificate una compiuta interpretazione formale del palinsesto architettonico e stilistico. Fanno eccezione a tale ultima regola, le lacune e pertanto le alterazioni che siano esito di rilevanti eventi storici.

5.3. Rimozione, Conservazione e Reintegrazione

Nella Rimozione, Conservazione e Reintegrazione le azioni dirette a rimuovere dalle superfici architettoniche antiche le sovrammissioni esito di ritinteggi con materiali pellicolari plastici, sono accompagnate da quelle dirette a garantirne la conservazione in situ e a ristabilire, mediante reintegrazioni parziali, l’integrità formale delle quinte edificate. Tale tipologia di azioni si applica al caso di superfici architettoniche tradizionali che siano state interessate da rivestimenti pellicolari plastici e che mostrino evidenti segni di distacco dai substrati sottostanti o la cui rimozione sia resa possibile senza pregiudizio dell’integrità dei supporti sottostanti.

5.4. Rimozione e Rifacimento

La Rimozione e Rifacimento riguarda quinte edificate interessate da rifacimenti degli intonaci tradizionali con prodotti cementizi di tipo industriale e/o da tinteggi di tipo non tradizionale plastico e/o minerale anche quando siano state conservate le superfici architettoniche originarie. In quest’ultimo caso, la rimozione dell’intera compagine materiale dev’essere preceduta da un’indagine diretta ad accertare la possibilità di rimuovere gli strati esterni senza recare pregiudizio alla integrità degli intonaci sottostanti. Nel caso in cui le superfici lo rendessero possibile - con riferimento al loro stato di conservazione - è ammessa la possibilità di applicare nuove stabiliture sopra gli anzidetti intonaci, purché compatibili con la successiva stesura di pitture e/o velature a base di calce. Solo in caso eccezionale e accertata mancanza di altre soluzioni sono ammessi la demolizione integrale delle superfici intonacate, ad esclusione di quelle a carattere ornamentale anche se interessate dalla sovrammissione di nuove stabiliture, ed il conseguente rifacimento con intonaci e tinteggi di tipo tradizionale a base di calce aerea e/o idraulica.

5.5. Ripristino

Il Ripristino interessa le quinte edificate che, essendo state concepite originariamente con il rivestimento intonacato, ovvero di altra tipologia, ne abbiano tuttavia subito successivamente la rimozione integrale o parziale. Tale circostanza deriva perlopiù dall’erronea volontà di esibire in vista le superfici murarie di sottofondo, in forma integrale o parziale, riproducendo una sorta di falso degrado. In questo caso l’intervento è diretto a ristabilire la primitiva integrità materiale e formale.

Il ripristino interessa anche le quinte di edifici situati in contesti di peculiare valore storico ed urbano che, a causa di eventi traumatici e non prevedibili o per mezzo di deliberate manomissioni, hanno perduto parzialmente i connotati formali e stilistici dell’impalcato architettonico di origine, così come desumibile da elementi relitti o da documentazione iconografica. In tal caso l’intervento di restauro è diretto alla ricostruzione di una testimonianza architettonica e stilistica progettata tenendo conto della possibilità di riproporre quella originaria desunta dagli elementi residui e dalla documentazione disponibile.

5.6. Riprogettazione Architettonica

La Riprogettazione Architettonica interessa gli interventi di ristrutturazione di quinte edificate prive di peculiari valori espressivi d’impalcato architettonico e stilistico o di significativa testimonianza della cultura e della storia dei luoghi. In questo caso l’intervento è diretto ad attribuire alla quinta un nuovo palinsesto architettonico, tenendo conto del contesto urbano in cui essa ricade, con riguardo ai valori formali e stilistici delle quinte edilizie contigue nonché alla realtà materiale dei luoghi come desumibile dalla storia costruttiva locale. Ciò deve comportare che l’eventuale introduzione di materiali eterogenei alla storia del territorio sia soggetta ad un’attenta valutazione dell’impatto sul contesto urbano destinato ad accoglierli.

5.7 Intonaci di tipo tradizionale non pregiudicati da rivestimenti di nuove stabiliture e/o da rivestimenti plastici, acrilici e/o minerali nonché inserti in stucco e lapidei: indicazioni di metodo

Lo scopo prevalente degli interventi di manutenzione e restauro condotti su superfici intonacate e tinteggiate tradizionali è di garantirne la salvaguardia in loco assieme a quella di ogni inserto in stucco ed in materiale lapideo che possieda caratteri di peculiare valore stilistico e formale e/o storico-documentale Le rimozioni devono essere strettamente limitate ai soli tratti in condizioni di avanzato degrado che non consentano alcuna soluzione conservativa. Tali tipologie d’intonaci, con i relativi strati di tinteggiature alla calce, devono di norma essere sottoposti, mediante opportune azioni da affidare perlopiù a restauratori, a pulitura e rimozione dei depositi superficiali poco coerenti. Le modalità di pulitura devono essere selezionate in modo da non pregiudicare la conservazione delle superfici che si intendono conservare, ammettendosi solo i casi di rimozione delle pellicole di tinteggi alla calce in via di distacco e non aderenti al substrato. È ammessa la rimozione integrale di parti d’intonaco frutto di rifacimenti con malte di tipo industriale o comunque ritenute non compatibili con gli intonaci esistenti, anche sotto il profilo della continuità formale delle superfici architettoniche.

È ammessa l’espunzione d’eventuali reintegrazioni di elementi lapidei effettuate con materiali non compatibili sia sotto il profilo materiale che formale. È prescritta la rimozione integrale di eventuali rivestimenti pellicolari alle farine di quarzo, o di altro genere di pittura non tradizionale, qualora ciò sia possibile senza recare pregiudizio alla conservazione degli intonaci e degli inserti in stucco e lapidei presenti. In caso contrario è consigliabile di non procedere con la rimozione essendo sufficiente anche solo un attenuamento dell’invadenza visiva di tali inserti pellicolari, mediante pulitura meccanica o chimica, evitando, dove possibile, di sacrificare le superfici sottostanti. In particolare gli intonaci e gli stucchi tradizionali conservati in loco assieme ad ogni traccia di scialbi alla calce soprammessi carbonatati ed aderenti al substrato, ed eventualmente reintegrati mediante malte e impasti appositamente confezionati, non devono essere rivestiti da nuove stabiliture.

È ammessa la reintegrazione d’inserti in stucco mancanti, modanati o meno, allo scopo di ristabilire la continuità formale delle quinte ricorrendo alla ricostruzione manuale con l’ausilio di regoli e stecche e, solo quando indispensabile, con l’applicazione di modine. A tale riguardo gli inserti in stucco conservati in sito - ed eventualmente sottoposti ad intervento di consolidamento mediante ancoraggio al supporto retrostante - non devono essere oggetto di regolarizzazione né uniformazione dei bordi mediante stesura di una nuova stabilitura. È altresì ammessa la reintegrazione d’inserti in materiale lapideo, a carattere decorativo o meno, mediante innesto di materiale lapideo analogo ovvero mediante stuccatura. In ogni caso si dovrà tendere ad evitare di ripristinare l’originaria integrità materiale e formale delle superfici in materiale lapideo, cancellando, mediante la ricostruzione integrale, i segni dovuti ai processi di alterazione indotti dal tempo.

L’intervento di finitura cromatica, mediante tinteggiature tradizionali a base di calci e terre nelle gamme delle pietre e dei laterizi, a seconda della tradizione materiale e costruttiva dei luoghi, potrà essere condotto in modo da non recare pregiudizio alla percezione delle superfici intonacate sottostanti conservate ed eventualmente reintegrate. La selezione delle tonalità di colore sarà dedotta dallo studio dei materiali di finitura delle quinte edificate circostanti che siano significative della storia edilizia locale, avendosi come principio guida quello di non ripristinare necessariamente l’eventuale colore ritenuto originario, ma di garantire una percezione unitaria del palinsesto della quinta in esame ed un equilibrato rapporto urbano, vale a dire con l’insieme delle quinte contigue quinte edificate. A tale riguardo si deve evitare di ricorrere alla stesura di tinteggiature compatte e coprenti, specie quando gli intonaci esistenti tradizionali conservino diffuse tracce di tinteggi preesistenti anche soprammessi. A tale riguardo è opportuno che la competenza in tema di scelta dei tipi di materiali e delle tonalità di colore delle finiture spetti esclusivamente all’amministrazione comunale, potendosi anche ammettere la non esecuzione di opere quando ciò sia ritenuto funzionale al buon mantenimento dell’equilibrio ambientale urbano.

5.8. Indicazioni operative per la selezione dei tinteggi

Il regolamento edilizio dovrà preliminarmente stabilire la competenza esclusiva dell’amministrazione comunale quanto alla determinazione della tipologia materiale e cromatica dei tinteggi. A tal riguardo l’amministrazione potrà provvedere anche previa redazione di uno specifico strumento tecnico a supporto del regolamento edilizio nelle forme di un piano per il restauro del colore. In assenza di quest’ultimo si dovranno prevedere modalità di concertazione con i soggetti attuatori subordinate in ogni caso al rilascio di una specifica autorizzazione. Nei casi di superfici architettoniche in buono stato e da sottoporre ad azioni di restauro e conservazione - ferme restando tutte le indicazioni metodologiche ed operative fornite ai precedenti paragrafi - si dovrà avere cura di eseguire preventivamente dei saggi stratigrafici estesi a tutti gli strati di colore eventualmente presenti sulle superfici cercando di risalire alle tracce delle originarie finiture. La scelta della tipologia cromatica da assegnarsi alla quinta edificata in casi consimili dovrà essere l’esito di un meditato ragionamento che contemperi anzitutto le ragioni di una corretta interpretazione cromatica dei palinsesti architettonici e stilistici delle quinte - come risultante da un appropriato studio storico-critico condotto su di esse - con quelle derivanti dalla ricostruzione delle vicende cromatiche che si sono stratificate nel tempo sulle superfici. Particolare attenzione dovrà essere posta a tutti gli inserti in pietra la cui nuda esibizione in vista, rispondente più ad un gusto moderno che alla consueta prassi antica, andrà adeguatamente argomentata nell’ambito di un restauro che voglia privilegiare la conservazione dello stato raggiunto nel tempo dal palinsesto materiale della quinta architettonica. Non meno importante sarà anche la considerazione del contesto ambientale urbano, come si è venuto definendo nel tempo, il quale dovrà suggerire sempre di operare scelte che non determinino inopinate decontestualizzazioni. Si dovrà tendere ad evitare di ricorrere a stesure di colore compatte e coprenti in favore di scialbi alla calce diluiti alternati ad eventuali velature. Nei casi ritenuti di maggiore rilevanza, sia per il valore architettonico della quinta oggetto d’intervento che per la delicatezza del contesto ambientale di pertinenza, si dovrà necessariamente ricorrere al supporto di professionalità tecniche ed artigiane di comprovata competenza. Nelle situazioni in cui il contesto ambientale e paesaggistico dell’insediamento, o di una parte di esso specie quando si tratti di zone esposte a significative aperture panoramiche, sia tale da aver consolidato un equilibrio cromatico determinato dal colore dei vecchi intonaci descialbati e quindi ormai privi di una precisa valenza cromatica, si dovrà anche prevedere il divieto dell’applicazione di nuove coloriture coprenti potendosi solo ammettere la stesura di scialbi e velature che riproducano il timbro ed il tono dei suddetti intonaci invecchiati. Quando ogni traccia di colore sia scomparsa dai vecchi intonaci, e le condizioni del contesto ne consentano l’eventuale riproposizione - mediante una meditata aggiunta sostenuta da una preliminare valutazione storico-critica di merito - si potrà risalire alle presumibili colorazioni contemperando le esigenze di una corretta interpretazione formale dei palinsesti architettonici ed edilizi con quelle di un appropriato inserimento ambientale. Analogamente si potrà provvedere anche in quei casi in cui, oltre al colore, siano scomparsi anche gli intonaci. In quest’ultima circostanza, si dovrà attentamente valutare il livello di importanza storico-documentale dell’edificio oggetto d’intervento, al fine di escludere da eventuali ed indebiti ripristini ogni quinta e manufatto che possano invece essere ricondotti nel più pertinente alveo del restauro cosiddetto di conservazione integrale e quindi archeologico.