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Biomasse

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Regolamento punto 22

Generalità


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Fonte GSE


Le biomasse possono essere utilizzate per alimentare impianti che generano solo calore, solo energia elettrica, o entrambe le forme di energia contemporaneamente. Quest’ultimo uso, detto cogenerazione, qualora possibile, è quello più efficiente.

A seconda della tecnologia e degli usi finali dell’energia prodotta (termici e/o elettrici), è possibile scegliere tra una pluralità di soluzioni impiantistiche. Esse comprendono impianti alimentati da biomasse solide (come legna da ardere, pellet o cippato), liquide (come il biodiesel) o gassose (come il biogas prodotto ad esempio dai reflui zootecnici).

Le biomasse possono presentarsi in una vastissima gamma di tipologie, vergini o residuali di lavorazioni agricole e industriali, in diversi stati fisici, con un ampio spettro di poteri calorifici. A volte, anziché utilizzare direttamente il termine biomassa, si usa il termine “biocombustibili” per indicare i combustibili ricavati dalla biomassa.

Possiamo avere biomasse solide (biocombustibili solidi), come ad esempio quelle legnose (alberi, tronchi, residui di potatura, ma anche sottoprodotti o residui dell’industria di lavorazione del legno, vergine o trattato) o quelle erbacee (prodotti o residui agricoli). I rifiuti urbani stessi contengono una frazione di biomassa (frazione biogenica o biodegradabile).

I più comuni biocombustibili liquidi (detti anche bioliquidi) sono gli oli vegetali, il biodiesel, il bioetanolo.

Con il termine biogas si indica il gas, composto principalmente da metano e anidride carbonica, prodotto dalla fermentazione anaerobica di sostanze organiche, come ad esempio i prodotti e residui agricoli, le deiezioni animali, i fanghi di depurazione delle acque reflue (si parla in tal caso di gas di depurazione), la frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU). Il biogas che si origina dalle discariche dei rifiuti urbani viene anche chiamato gas di discarica.

Al di là di una fase preliminare di trattamento della biomassa, gli impianti a biomasse sono abbastanza simili a quelli alimentati da combustibili tradizionali. Le centrali termoelettriche alimentate da biomasse solide o liquide effettuano la conversione dell’energia termica, contenuta nella biomassa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica.

Le taglie degli impianti possono variare dalle decine di MW delle grandi centrali termoelettriche alimentate da legna, sino alle centinaia di kW dei piccoli gruppi elettrogeni alimentati da bioliquidi o biogas.

Un uso particolarmente virtuoso delle biomasse prevede, oltre alla produzione di elettricità, il recupero del calore per riscaldare ambienti o per fornire calore utile a industrie (cogenerazione).

Le tipologie impiantistiche più diffuse sono:

  • impianti tradizionali con forno di combustione della biomassa solida, caldaia che alimenta una turbina a vapore accoppiata ad un generatore;
  • impianti con turbina a gas alimentata dal syngas da biomasse in ciclo semplice o combinato con turbina a vapore;
  • impianti termoelettrici ibridi, che utilizzano bionasse e fonti convenzionali (il caso più frequente è la co-combustione della biomassa e della fonte convenzionale nella stessa fornace);
  • impianti alimentati da biomasse liquide (oli vegetali, biodiesel), costituiti da motori accoppiati a generatori (gruppi elettrogeni).

Regime autorizzativo

La costruzione di impianti funzionanti a biomassa e dal trattamento di gas di discarica ,gas residuati da processi di depurazione e biogas, sono soggetti ad Autorizzazione Unica regionale ai sensi dell’art.12 del Dlgs 387/2003. I contenuti dell’autorizzazione unica ed i criteri di progettazione sono descritti nelle Linee Guida Nazionali per la Installazione di Impianti di Produzione Elettrica da Fonti Rinnovabili, di cui al DM SE 10/09/2010 come modificato dal Dlgs 28/2011. Per gli impianti di potenza inferiore a quelle indicate alla seguente tabella sono necessarie le Comunicazioni al Comune o la Procedura Abilitativa Semplificata di cui al citato Dlgs 28/2011.


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Problematiche legate alla tecnologia

Sono soprattutto quelle legate alle interazioni ed agli impatti:

  • sul paesaggio dei manufatti edilizi (centrali di combustione e trattamento, depositi di materia prima, capannoni e silos, piazzali di stoccaggio e relativi dispositivi di movimentazione, strade di accesso, sistemi di collegamento con la rete elettrica;
  • atmosfera dovuto all’immissione di residui della combustione e del trattamento;
  • sulle risorse idriche dovuto ai sistemi di raffreddamento;
  • sul clima acustico;
  • sulla mobilità locale dovuto alla movimentazione per l’approvvigionamento della materia da trattare;
  • sui sistemi agricoli e le colture praticate nell’areale d’installazione degli impianti che possono subire influenze per necessità di approvvigionamento delle centrali.

Criteri di progettazione [1]

Gli impianti a biomassa e biogas possono essere costituiti da:

  • grandi impianti industriali, che implicano ampie superfici e costruzioni specializzate;
  • medi e piccoli impianti collegati all’attività di aziende agricole (singole o in gruppo), o piccoli nuclei residenziali isolati.

Oltre che in relazione alla dimensione, gli impianti si caratterizzano per la produzione di sola energia termica, di energia elettrica o cogenerazione di energia elettrica e termica.

Richiedono in genere spazi e costruzioni specifiche per il ricevimento, lo stoccaggio e la preparazione del materiale: capannoni, silos, spazi funzionali, strade di accesso e impianti di collegamento alla rete elettrica.

Gli impianti possono essere collegati ad aree dedicate a coltivazioni vegetali arboree, appositamente impiantate per l’approvvigionamento di materia prima.

In generale è bene tenere presente (scelta della localizzazione):

  • è opportuno evitare ubicazioni in prossimità di centri, nuclei e insediamenti storici di riconosciuta rilevanza, di aree di elevato valore naturalistico;
  • può risultare fortemente critica la vicinanza a percorsi panoramici, canali e navigli storici, belvedere e visuali sensibili o scenari paesaggistici connotati da elevati gradi di integrità, riconoscibilità e notorietà, come quelli dei grandi laghi prealpini, di alcuni versanti collinari e montani o di particolari paesaggi agrari storico-tradizionali della pianura.

L’ubicazione degli impianti non dipende strettamente dalla localizzazione delle materie prime da trasformare, anche se per certe tipologie di materie prime l’incidenza del costo del trasporto richiede di non superare i pochi km di distanza. Ciò permette nella gran parte dei casi scelte abbastanza libere, anche se gli impianti che producono energia termica sono maggiormente vincolati nella localizzazione, devono infatti essere collocati sufficientemente vicino alle utenze termiche (civili, agricole o industriali).

La scelta della localizzazione deve tener conto dei seguenti criteri:

  1. per gli impianti industriali:

    • preferire ubicazioni adiacenti o interne a aree industriali o terziarie, dove le regole per un buon inserimento nel paesaggio sono analoghe a quelle perseguite da un qualsiasi insediamento industriale;
    • considerare le opportunità offerte da aree soggette a forme di degrado o abbandono e che richiedono una riassegnazione di significato o già interessate da altre infrastrutture.
  2. in area agricola:

    • evitare, per quanto possibile, ubicazioni che introducano nuovi insediamenti isolati, poiché essi rischiano di frammentare ed alterare la struttura formale consolidata del paesaggio rurale;
    • collocarli, a seconda delle dimensioni, in adiacenza agli insediamenti rurali esistenti o, per quando possibile, al loro interno, riutilizzando parti o edifici non più in uso (in particolare nel caso di impianti di piccola dimensione).

Impianti

Per gli impianti caratterizzati dalla presenza di silos di grandi dimensioni e di camini di esalazione, gli elementi svettanti non devono entrare in contrasto o competizione con i riferimenti verticali già consolidati nel paesaggio (per esempio campanili, torri...).

Per i silos che si sviluppano soprattutto in larghezza va valutata di volta in volta l’eventuale parziale interramento o la localizzazione in avvallamenti.

La scelta delle forme, dei materiali e delle colorazioni dovrà garantire il più possibile la coerenza o l’integrazione con le cromie del paesaggio. In particolare:

  • laddove esigenze tecniche lo permettono, è opportuno che i diversi manufatti dell’impianto adottino disegno e finiture coerenti con le caratterizzazioni edilizie prevalenti nel contesto;
  • in area agricola, nel caso di utilizzo di strutture prefabbricate (capannoni e silos) è opportuna prevedere colorazioni coerenti con i colori prevalenti nel contesto anche naturale;
  • per gli elementi che si sviluppano in altezza (camini etc.) è bene fare riferimento alle indicazioni cromatiche già indicate per i piloni degli elettrodotti nello specifico capitolo, non trascurando le opportunità fornite da materiali di tinteggiatura che variano tonalità al modificarsi delle condizioni di luminosità garantendo elevati livelli di integrazione con lo sfondo;
  • le scelte di forte caratterizzazione architettonica dell’impianto nel suo complesso devono valutare attentamente le modalità di dialogo con il contesto consolidato, sia in termini di relazioni e proporzioni dimensionali sia in riferimento all’alterarsi delle relazioni percettive e degli assetti morfologici consolidati, devono inoltre tenere conto dell’inevitabile affermarsi dei nuovi manufatti, soprattutto quelli svettanti, quali nuovi riferimenti visuali e simbolici nel paesaggio.

Nella progettazione della articolazione spaziale delle diverse componenti dell’impianto è opportuno:

  • privilegiare una organizzazione spaziale compatta;
  • curare i rapporti dimensionali tra i componenti;
  • curare le proporzioni geometriche tra i diversi manufatti;
  • curare le relazioni visuali e simboliche con l’intorno;
  • evitare le interferenze con le tessiture e le trame verdi e d’acqua del paesaggio agrario e/o naturale.

Il mantenimento nel tempo della qualità formale dei componenti (edifici e spazi aperti) è essenziale alla qualità paesaggistica complessiva dell’insediamento. Vanno in tal senso orientati sia gli interventi di manutenzione e gestione sia quelli di adeguamento o ampliamento dell’impianto.

Il progetto di inserimento nel paesaggio e le eventuali misure di mitigazione riguarderanno sia i dintorni immediati del sito che quelli più ampi, in base alla visibilità dell’impianto stesso.

In aree urbane andranno adottate soluzioni compositive e architettoniche che, muovendosi in attento dialogo con le caratterizzazioni del tessuto urbano ed edilizio esistente, contribuiscano sia a qualificare lo spazio pubblico e l’immagine urbana sia ad assegnare il necessario decoro all’impianto tecnologico.

In zone rurali, la progettazione delle sistemazioni verdi a contorno dovrà tenere conto sia delle essenze vegetali consolidate nel contesto sia della loro disposizione, riservando particolare attenzione ad alberate e schermatura vegetali da collocare in corrispondenza degli accessi, del fronte principale e lungo i fronti maggiormente percepibili dalle strade e dagli spazi di pubblica circolazione.

Note

[1]Materiale rielaborato su fonte PTR Lombardia