Le reti di distribuzione dell’acqua calda e fredda dell’impianto idrosanitario devono essere opportunamente dimensionate al fine di soddisfare le richieste da parte degli utenti anche nei periodi di massima contemporaneità. Per il loro corretto dimensionamento si fa riferimento alla norma UNI 9182/2010 ed alle norme UNI EN 806. Per quanto concerne la temperatura di esercizio dell’acqua calda per ad uso igienico-sanitario si dovrà far riferimento a quanto previsto dalla Legge n. 10 del 9/1/1991 e relativi decreti di attuazione
Le modalità di prelievo dell’acqua destinata all’alimentazione dell’impianto idrico sanitario devono garantire i livelli di igienicità richiesti dalle norme vigenti, anche in caso di approvvigionamento autonomo.
Nel caso dell’alimentazione da acquedotto pubblico si dovranno rispettare le norme previste dall’Ente gestore del servizio. Il raccordo tra la fonte di approvvigionamento e l’impianto idro-sanitario deve essere realizzato (anche nei casi di fornitura di acqua non potabile, per esempio da reti duali) in modo da evitare potenziali contaminazioni dell’acqua da parte di agenti esterni e da consentire la ispezionabilità di giunti, apparecchi e dispositivi: tra questi deve essere compresa un’apparecchiatura che eviti la possibilità del riflusso delle acque di approvvigionamento.
Al fine di evitare contaminazioni delle acque potabili da parte delle acque reflue, le condotte di acqua potabile devono essere poste ad idonea distanza da fognoli, pozzetti o tubature di fognatura e almeno a 0,50 m al di sopra di queste ultime.
Quando non sia possibile rispettare le condizioni di cui sopra, ed in caso di intersezioni, le tubature fognarie, oltre ad essere costruite in modo da evitare qualsiasi perdita, dovranno essere collocate per il tratto interessato in un cunicolo con fondo a pareti impermeabili e dotato di pozzetti di ispezione.
Nel caso di fonte di approvvigionamento autonomo in assenza di acquedotto pubblico si dovranno tener presenti le seguenti disposizioni;
- devono essere note in termini anche solo qualitativi, le caratteristiche geologiche del sottosuolo, la tipologia (freatico, artesiana) e la direzione della falda che si andrà ad utilizzare, nonchè la connessione eventuale con altre falde; queste conoscenze determinano la scelta sulla migliore tipologia di opera di presa da utilizzare (pozzo freatico, artesiano, galleria e/o tubo filtrante).
- devono essere utilizzate le necessarie garanzie igieniche e di protezione delle falde attraversate.
- devono essere adottate le azioni a tutela da possibili fenomeni di contaminazione delle acque attinte per cause interne all’opera di presa e/o accidentali.
L’utilizzo di impianti a fitodepurazione come recapito finale dei liquami provenienti dal trattamento delle acque reflue è fortemente consigliato nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, in particolare secondo quanto indicato agli artt. 18,21 e 22 delle NTA del Piano Regionale di Tutela delle Acque. Ne è in ogni caso raccomandata l’installazione anche in zone provviste di pubblica rete fognaria, se collegati a sistemi di recupero e riutilizzo delle acque reflue e meteoriche per gli usi consentiti, a servizio degli edifici e delle loro pertinenze. L’impianto deve essere progettato da un tecnico abilitato e realizzato secondo le norme UNI di riferimento per le diverse componenti installate, in modo da garantire:
- l’abbattimento degli inquinanti ai livelli ammessi dalla normativa vigente per gli usi finali previsti e per la reimmissione nei corpi recettori finali;
- la protezione delle acque di falda e del sottosuolo da contaminazioni
- l’assenza di odori sgradevoli provenienti dall’impianto;
- un armonico inserimento paesaggistico nel contesto locale.
Per gli impianti a flusso sommerso orizzontale l’impianto deve presentare un’estensione (superficie della faccia superiore dello strato di ghiaietto) di almeno mq. 1,50 per ogni abitante equivalente, con un minimo assoluto di mq 6. La vegetazione da piantumare deve essere costituita da arbusti o fiori con spiccate caratteristiche idrofile, quali ad esempio: Phragmita Australis, Juncus Effusus e Typha latifolia. Altre essenze possono essere utilizzate in combinazione con esse per migliorarne l’inserimento paesaggistico e la funzionalità biologica.