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Applicazioni dell’ingegneria naturalistica in ambiente urbano

Principi fondamentali

Definizioni, finalità, metodi

L’ingegneria naturalistica è una disciplina tecnica che utilizza le piante vive negli interventi antierosivi e di consolidamento, in genere in abbinamento con altri materiali (paglia, legno, pietrame, reti metalliche, biostuoie, geotessuti, etc). I campi di applicazione sono vari e spaziano dai problemi classici di erosione dei versanti, delle frane, delle sistemazioni idrauliche a quelli delle infrastrutture lineari (scarpate stradali e ferroviarie, condotte interrate, canali), delle cave e discariche, degli insediamenti industriali e altre infrastrutture puntuali, dei consolidamenti costieri, a quelli dei semplici interventi di rinaturalizzazione e ricostruzione di elementi delle reti ecologiche. Le finalità riconosciute degli interventi di ingegneria naturalistica (I.N.) sono principalmente quattro:

  1. tecnico-funzionali: con riferimento all’efficacia ad esempio antierosiva e di consolidamento di un versante franoso, di una sponda o di una scarpata stradale;
  2. naturalistiche: in quanto non semplice copertura a verde, ma ricostruzione o innesco di ecosistemi mediante impiego di specie autoctone degli stadi delle serie dinamiche della vegetazione naturale potenziale dei siti di intervento;
  3. paesaggistiche: di “ricucitura” del paesaggio naturale circostante, effetto strettamente collegato all’impiego di specie locali;
  4. economiche: in quanto strutture competitive e alternative ad opere tradizionali (ad esempio muri di controripa sostituiti da palificate vive o da terre verdi rinforzate).

All’interno del filone dell’ingegneria naturalistica si delineano tre principali settori, spesso collegati in sede operativa:

  • la “rinaturazione” o “rinaturalizzazione” vera e propria cioè la ricostruzione di biotopi o ecosistemi paranaturali, non collegata ad interventi funzionali, anche se talvolta realizzata quale opera “compensatoria”. Ad esempio la realizzazione di un biotopo umido o di un’area boscata realizzati in zona agricola nell’ambito del progetto di una nuova infrastruttura viaria;
  • l’ingegneria naturalistica in senso stretto, cioè la realizzazione di sistemi antierosivi, stabilizzanti o di consolidamento con piante vive abbinate ad altri materiali, talvolta alternativi alle opere cosiddette “in grigio” cioè in calcestruzzo;
  • i provvedimenti per la fauna, anche semplicemente tecnologici, e in particolare quelli per garantire la continuità degli habitat (rampe di risalita per pesci, sottopassi per anfibi, sottopassi e sovrappassi per ungulati, etc).

Gli interventi di I.N. si differenziano da quelli di tipo tradizionale principalmente attraverso le analisi stazionali delle condizioni delle singole superfici di intervento con riferimento ad alcuni parametri fondamentali, la cui conoscenza è condizione prima del successo dell’intervento legato, come si è detto, alla crescita delle piante. Per quanto riguarda la vegetazione si adotta normalmente la classificazione della scuola fitosociologica di Braun - Blanquet e si fa riferimento alle associazioni vegetali di cui c’è ormai buona conoscenza su tutto il territorio nazionale. Anche per la selezione delle specie di possibile impiego ci si riferisce a quelle spontanee presenti o potenziali della stazione. Alcuni gruppi sono più importanti di altri per le caratteristiche biotecniche che li rendono utilizzabili negli interventi di I.N. Classico è l’impiego di specie arbustive e, nell’ambito delle erbacee, di specie delle famiglie delle graminacee e delle leguminose. I principali settori di indagine utili nella formulazione di progetti ed esecuzione di opere di I.N. sono riportati in figura


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Settori di analisi finalizzate ad opere di mitigazione con tecniche di Ingegneria Naturalistica (da Manuale 2 Regione Lazio)


Si tratta chiaramente di una disciplina “trasversale” che fa capo a vari settori tecnico-scientifici di cui si utilizzano, a fini applicativi, dati di analisi e di calcolo. Le tecniche di ingegneria naturalistica sinora applicate nel Centro Europa sono circa un centinaio e si possono distinguere nelle seguenti categorie (Schiechtl,1992 – A.A.V.V. 1997):

#. di rivestimento o antierosivi (tutti i tipi di semina, stuoie, materassini seminati, etc); 2#. stabilizzanti (messa a dimora di arbusti, talee, fascinate, gradonate, cordonate, viminate, etc); #. combinati di consolidamento (palificate vive, grate vive, gabbionate e materassi verdi, terre rinforzate verdi, etc) #. particolari (barriere antirumore e paramassi, opere frangivento, etc).

A livello nazionale e regionale vi è ormai un grosso fermento di acquisizione di strumenti normativi e tecnici nei settori della rinaturalizzazione e dell’ingegneria naturalistica, sia da parte dei professionisti che dei funzionari pubblici e delle imprese. La Regione Lazio, in particolare, ha approvato nel 1996 la Delibera 3440 sull’ingegneria naturalistica e ha pubblicato numerosi manuali di ingegneria naturalistica. Negli schemi della pagina seguente sono rappresentate le tecniche di ingegneria naturalistica applicate da molti anni in Italia secondo la suddivisione classica, in interventi antierosivi, stabilizzanti e combinati di consolidamento.

Deontologia

Come in tutte le discipline, anche nell’ingegneria naturalistica si stanno affermando alcune regole comportamentali di riferimento per i professionisti, i funzionari e gli imprenditori che si occupano degli interventi di I.N. I principi di base possono essere così enunciati:

  • dare priorità nel progetto alle finalità naturalistiche degli interventi;
  • impiegare tecnologie e materiali non naturali nei soli casi di necessità strutturale e/o funzionale, normalmente in abbinamento con materiale vivente;
  • adottare comunque la tecnologia meno complessa a pari risultato, considerando anche l’ipotesi del non intervento;
  • integrare le competenze professionali delle diverse discipline che afferiscono all’I.N., rendendo riconoscibile l’apporto di ciascuna di esse.

Vale il principio di adottare nelle scelte di progetto le tecniche a minor livello di energia (complessità, tecnicismo, artificialità, rigidità, costo) a pari risultato funzionale / biologico come rappresentato per maggior chiarezza nello schema che segue (da Manuale 2 Regione Lazio):


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Per quanto riguarda, infatti, la selezione delle specie e dei materiali da impiegare nelle tecniche di I.N., il concetto generale è quello di impiegare il più possibile materiali naturali e specie autoctone. Nella tabella 1 l’AIPIN ha fatto un tentativo di schematizzare la graduatoria di preferibilità e liceità di impiego di specie e materiali nei vari possibili ambiti territoriali di impiego.

La progettazione degli interventi di ingegneria naturalistica

Il progetto di ingegneria naturalistica si propone come un progetto multidisciplinare, dove l’esperto di ingegneria naturalistica lavora insieme ai progettisti per individuare gli interventi di rinaturazione e di ingegneria naturalistica per le sistemazioni antierosive e di consolidamento, con l’obiettivo della difesa del suolo, della mitigazione degli impatti dell’opera sull’ambiente, dell’aumento della biodiversità e del miglioramento della rete ecologica esistente.


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Preferibilità/liceità d’impiego dei materiali vivi e morti per le tecniche di Ingegneria Naturalistica - AIPIN


Dall’analisi delle caratteristiche e delle tipologie del progetto, nonché dalle indagini topografiche, geomorfologiche, geotecniche e vegetazionali, è possibile individuare le tipologie degli interventi di ingegneria naturalistica e di rinaturazione, espresse anche come consorzi vegetazionali. Nella considerazione che, nel caso di un progetto di I.N., anche le tradizionali analisi geologiche e topografiche vadano affinate ed approfondite, ad esempio:

  • realizzando sezioni topografiche di dettaglio, in quanto la scelta di una tecnica di I.N. è influenzata anche da piccole variazioni di pendenza
  • riportando sulle sezioni topografiche di dettaglio gli strati litologici presenti per valutare la capacità biotecnica delle piante di realizzare la stabilizzazione od il consolidamento della scarpata

Tra le indagini stazionali va particolarmente curata l’analisi botanica, in quanto in un intervento di I.N. la capacità antierosiva e di consolidamento viene affidata, in ultima analisi, alle piante vive, per cui è essenziale individuare le specie e le tipologie vegetazionali da inserire nelle opere. Nel caso della palificata viva, ad esempio, l’opera ha lo scopo di garantire il consolidamento del piede di una scarpata in alternativa ad un muro di sostegno; a causa dei parametri morfologici ed ecologici, in tale situazione, le piante vive non sono in grado, da subito, di garantire il consolidamento, per cui unitamente ad esse, vengono utilizzati tronchi in legno chiodati tra loro. Con il tempo il legno si decomporrà e gli arbusti e le talee cresciuti sia nella parte aerea che nell’apparato radicale realizzeranno un cespuglieto con il raggiungimento dell’obiettivo progettuale del consolidamento unitamente alle finalità ecologiche e paesaggistiche tipiche delle tecniche di ingegneria naturalistica. La scelta delle specie floristiche e delle tipologie vegetazionali richiede un accurato studio ecologico della stazione di intervento. Tale studio ha il compito di individuare a livello microstazionale (ad esempio in quella particolare scarpata in erosione) i parametri ecologici per la individuazione delle specie e delle tipologie vegetazionali di progetto, unitamente alla serie dinamica evolutiva della vegetazione, con l’obiettivo dell’ aumento della biodiversità. La conoscenza della vegetazione reale e potenziale dell’area, nonché la ricostruzione della serie dinamica della vegetazione, risultano quindi elementi fondamentali per la progettazione.

Il progetto botanico

Il progetto botanico deve individuare, a seguito delle analisi stazionali e con riferimento ai parametri ecologici microstazionali ( ad esempio, riguardanti quella particolare scarpata in erosione), la lista con le quantità delle specie di progetto, strutturata secondo le tipologie vegetazionali La specie vanno scelte tra quelle:

  • coerenti con la flora autoctona a livello, almeno, regionale; nel caso di un’area protetta, il concetto di autoctono va interpretato in senso ancora più ristretto, limitandolo all’area protetta medesima;
  • ecologicamente compatibili con i caratteri microstazionali (microclima, substrato, morfologia, etc.) dell’area di intervento;
  • appartenenti allo stadio dinamico della serie della vegetazione potenziale, il più evoluto possibile in funzione delle caratteristiche ecologiche della stazione, così come artificialmente realizzate dall’intervento (ad esempio riportando suolo, diminuendo le pendenze, etc.);
  • con le necessarie caratteristiche biotecniche.

Per approfondimenti si rimanda a Sauli, Cornelini e Preti - Manuale di ingegneria naturalistica volume 3 Regione Lazio 2006 Capitoli 1-8 Blasi, Bianco, Copiz, Cornelini, Ercole e Zavattero 2010 – Analisi e progettazione botanica per gli interventi di mitigazione degli impatti delle infrastrutture lineari. Linee guida ISPRA CATA

I settori di intervento dell’ingegneria naturalistica

I principali campi d’applicazione possono essere così schematizzati:

  • dissesto idrogeologico (frane, erosioni di versante sia superficiali che profonde), ma anche erosioni dovute all’azione dei corsi d’acqua;
  • sistemazioni spondali e rinaturalizzazione di zone umide;
  • sistemazioni costiere e dunali;
  • mitigazione degli impatti di infrastrutture lineari (rivegetazione delle scarpate, dei rilevati, delle aree residuali);
  • mitigazione dell’inquinamento acustico tramite realizzazione di barriere antirumore verdi;
  • riduzione dell’inquinamento atmosferico con fasce filtro vegetate;
  • rivegetazione di versanti rocciosi (cave, scarpate stradali, imbocchi di gallerie, versanti rocciosi in genere) e delle ex discariche;
  • creazione di opere di mitigazione per la fauna (sovrappassi e sottopassi, zone di tutela, rampe di risalita per pesci, ecc.).

Nei capitoli seguenti vengono esaminati i principali i settori di applicazione dell’I.N. negli ambiti urbani. Per gli approfondimenti si rimanda ai Manuali di ingegneria naturalistica della Regione Lazio riìportati in bibliografia.

Idraulica

Vengono di seguito esposti i criteri e le problematiche relativi alla progettazione di un intervento di I.N. in ambito idraulico. Il corso d’acqua nell’insieme , con l’alveo bagnato, le sponde, le rive, la falda e il bacino costituisce un complesso che deve essere analizzato globalmente (Lachat 1991), per cui una modifica a una delle componenti comporta un mutamento al sistema stesso. Questo determina nella fase diagnostica la necessità di una analisi globale di tutte le componenti. I corsi d’acqua sono una successione di ecosistemi “aperti” (dotati cioè di importanti interconnessioni trofiche, flussi di materia ed energia) non solo in senso longitudinale, ma anche trasversale e verticale; in essi le fasce di vegetazione riparia esplicano un ruolo talmente importante da divenire inscindibili dal fiume in senso stretto (IFF 2007) Questa interpretazione ecosistemica e pluridimensionale (Fig. seguente) del corso d’acqua ne fa comprendere la vulnerabilità a interventi che interrompono la continuità del flusso idrico nella direzione longitudinale ( dighe, briglie), trasversale ( sponde ed argini impermeabili) e verticale (rivestimenti impermeabili del fondo).


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Approccio pluridimensionale all’ambiente fluviale (IFF,2007)


Gli interventi di sistemazione idraulica con tecniche di I.N. vanno concepiti, quindi, con approccio sistemico a livello di bacino idrografico, nell’ambito della rinaturazione dei corsi d’acqua che deve comprendere non solo interventi antierosivi con tecniche vive, ma anche interventi di diversificazione morfologica nel tracciato o nella sezione dell’alveo, per l’aumento della biodiversità e per la connessione delle reti ecologiche. Gli interventi sull’asta fluviale vanno quindi progettati secondo il principio che la diversità morfologica si traduce in biodiversità, incrementando le aree di pertinenza del corso d’acqua e rifiutando la rettificazione e la cementificazione dell’alveo; la vegetazione igrofila, in tale approccio, non viene più considerata un ostacolo al deflusso delle acque, ma una risorsa di interesse idraulico per la protezione flessibile delle sponde. L’analisi delle varie componenti ambientali e delle loro interazioni con le caratteristiche idrauliche dovrà quindi valutare, iniziando da monte ed impiegando i criteri e le tecniche dell’ingegneria naturalistica, ove porre in atto:

  • Interventi di rinverdimento per la protezione antierosiva dei versanti per consentire l’aumento del tempo di corrivazione delle acque e la diminuzione del trasporto solido a valle.
  • Realizzazione di casse d’espansione, per laminare i volumi di piena riducendone i picchi, ottenendo aree a vocazione naturalistica per l’aumento della biodiversità.
  • Realizzazione di aree inondabili in corrispondenza dell’alveo, ampliando le sezioni idrauliche con la creazione di un alveo di magra con portata idraulica ed uno di piena allagato periodicamente.
  • Interventi sul corso d’acqua tesi a diminuirne l’energia cinetica tramite la riduzione della pendenza. Al posto delle briglie in cemento, in molti casi si possono impiegare le briglie in legno e pietrame eventualmente combinate con elementi vivi quali le talee di salice; per garantire poi la continuità biologica all’ittiofauna, ove le caratteristiche morfologiche dell’alveo lo consentano, è possibile realizzare, al posto delle briglie, le rampe in pietrame per la risalita dei pesci.
  • Interventi nella parte alta del bacino per la realizzazione di tratti a raschi con massi sul fondo alternati con pozze, per incrementare la variabilità morfologica e quindi la biodiversità. Interventi antierosivi e di consolidamento sull’asta fluviale concepiti anche invertendo la tendenza alla riduzione delle aree di pertinenza del corso d’acqua.
  • Interventi tesi ad eliminare i tratti rettificati dell’alveo che possono comportare un aumento dell’erosione a monte e del deposito a valle, con conseguente pericolo di esondazione e che comportano la perdita di habitat e la riduzione della biodiversità; favorire la meandrificazione del corso d’acqua nei tratti compatibili, con conseguente asimmetria della sezione idraulica significa invece riproporre la morfologia naturale e aumentare le capacità depurative del corso d’acqua.
  • Eliminazione dei tratti tombati e cementificati per spezzare l’isolamento tra l’acqua ed il substrato, ricostituendo il rapporto con la falda e rendendo possibile la rivitalizzazione del corso d’acqua.
  • Realizzazione, ove possibile, di aree umide in corrispondenza delle immissioni dei canali di drenaggio o dei fossi affluenti Realizzazione, soprattutto nelle aree di pianura ad agricoltura intensiva, di fasce tampone di circa 10 m a lato delle rive per intercettare i nutrienti percolati dalle aree agricole.
  • Realizzazione, anche al di fuori dell’alveo di piena, di boschetti e cespuglieti per una riqualificazione naturalistica e paesaggistica del corso d’acqua con ricostruzione di elementi della rete ecologica.
  • Pianificazione degli interventi di manutenzione non considerando, ove possibile, la vegetazione igrofila un ostacolo al rapido deflusso delle acque, bensì una risorsa non solo naturalistica, ma anche di interesse idraulico per la protezione flessibile dall’erosione (DPR 14 aprile 1993 Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante criteri e modalità per la redazione di programmi di manutenzione idraulica e forestale).

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Esempio di manutenzione idraulica effettuata secondo il DPR 14 aprile 1993 sul Rio Inferno (FR) quattro mesi dopo l’intervento (maggio 2000) – Foto P. Cornelini


In tabella 2 vengono riportati, a titolo di esempio, i benefici in termini di biodiversità derivanti da una gestione dei corsi d’acqua con l’approccio progettuale dell’ingegneria naturalistica.

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Ricadute ecologiche degli interventi idraulico-naturalistici (Cornelini e Sauli in Manuale sistemazioni idrauliche Regione Lazio)


Nella tabella 3 si riporta una selezione delle tecniche in funzione della velocità della corrente

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Selezione delle tecniche in funzione della velocità della corrente


Versanti

Il settore dei versanti e, in genere, degli interventi di sistemazione idrogeologica in zone montane è quello ove sono nate e si sono sviluppate le tecniche di ingegneria naturalistica nell’arco alpino, in particolare in Austria dove negli anni ’50 a seguito degli eventi bellici, erano venuti a mancare materiali quali ferro e cemento, con la riscoperta, quindi, di tecniche e materiali tradizionali quali legname, pietrame, ramaglie vive di salice, etc, facilmente reperibili in loco. Da qui lo sviluppo di una serie di tecniche caratterizzate da tecnologie semplici e basso costo dei materiali e della mano d’opera (in verbis Schiechtl, 1981). Le tecniche di ingegneria naturalistica rispondono all’esigenza di una pianificazione del territorio a compatibilità ambientale e rappresentano lo strumento operativo per il raggiungimento di una manutenzione diffusa del territorio, nell’ottica della prevenzione del rischio idrogeologico. Le tecniche di IN comportano, infatti, un minore impatto ambientale delle opere, la riqualificazione paesaggistica ed ambientale delle aree in erosione, l’aumento della biodiversità del territorio e sono particolarmente valide nelle aree, ove l’utilizzo di tecniche alternative a quelle tradizionali si impone per motivi naturalistici e paesaggistici, con positive ricadute in termini occupazionali in quanto ad alto impiego di manodopera.

Possibilità d’impiego delle tecniche di ingegneria naturalistica nelle principali tipologie di dissesto

Per quanto riguarda le tipologie di dissesto si rimanda alla copiosa letteratura esistente ed, in particolare, al volume di “Interventi di sistemazione del territorio con tecniche di Ingegneria Naturalistica” della Regione Piemonte (2003), che presenta una valida sintesi della problematica e casistica. Si riporta in particolare la tabella 4 che correla i principali tipi di frane e dissesti alle varie possibilità di intervento con tecniche tradizionali e di I.N.


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Correlazione fra dissesti e possibilità di interventi (estratto da: “Interventi di sistemazione del territorio con tecniche di Ingegneria Naturalistica” Regione Piemonte - 2003) modificato


Tecniche di ingegneria naturalistica applicabili ai versanti

Nelle foto seguenti sono rappresentate le tecniche più frequentemente usate. Si è adottata la suddivisione classica, , in interventi antierosivi, stabilizzanti e combinati di consolidamento.


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Idroseminatrice su scarpata (aprile 2002) Atina (FR) – Foto P. Cornelini


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Gradonate vive su versante Loc. S. Caterina Val Canale (UD) – Foto G. Sauli


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Grata viva su versante Loc. Ponte ad Arco - Tarvisio (UD) – Foto G. Sauli


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Palificata Roma (giugno 2003) Acqualagna (PU) – Foto P. Cornelini


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Palificata viva su versante Colle Melfa (FR) marzo 2001: – Foto P. Cornelini


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Interventi della foto precedente a maggio 2002 – Foto P. Cornelin


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Sistemi di consolidamento e stabilizzazione di impluvi montani mediante briglie in legname e pietrame e cordonate vive Ligosullo (UD) – Foto G. Sauli


Strade e ferrovie

Vengono trattate principalmente le opere di stabilizzazione e consolidamento delle scarpate stradali e ferroviarie nonché di mitigazione con interventi di rinaturalizzazione, rivegetazione ed ingegneria naturalistica. Le opere di cui sopra fanno parte integrante e funzionale del progetto stradale e vanno progettate contestualmente ad esso con un grado di approfondimento proporzionale alle varie fasi del progetto stesso e non possono essere rimandate a fine progetto o, addirittura, a fine lavori come generici “interventi a verde” da far eseguire a posteriori da una ditta di opere in verde. Gli interventi ambientali nel settore delle infrastrutture lineari si possono distinguere nelle principali categorie di opere seguenti:

  • opere di mitigazione vere e proprie strettamente connesse con le pertinenze stradali, che sono direttamente collegate agli impatti quali, ad esempio, la rivegetazione delle scarpate, le barriere antirumore a lato strada, le vasche di sicurezza e i presidi idraulici per intercettare i liquidi di piattaforma stradale, etc;
  • opere di “ottimizzazione” del progetto non strettamente connesse con le pertinenze stradali, che non sono necessariamente collegate ad un eventuale impatto su beni naturali di pregio preesistenti, ad esempio: la creazione di fasce vegetate di riambientazione lato strada, la ricucitura di corridoi ecologici, etc;
  • opere di compensazione, cioè gli interventi non strettamente collegati con l’opera, che vengono realizzati a titolo di “compensazione” ambientale quali, ad esempio, la creazione di habitat umidi o zone boscate in ex cave presenti nell’area, la bonifica e rivegetazione di siti degradati, anche se non prodotti dal progetto in esame, la piantagione di aree boscate per l’assorbimento di CO2, etc.

Tipologie delle principali opere di mitigazione vere e proprie strettamente connesse con le pertinenze stradali

Scarpate in rilevato

Va previsto in generale per tutte per le scarpate in rilevato:

  • il riporto di terreno vegetale;
  • la formazione di cotici erbosi mediante idrosemine la messa a dimora di specie arbustive ed arboree con attenzione ai problemi di invasione della sagoma dei veicoli, mantenendo quindi una fascia di sgombro adeguata (da 2 a 4 m) a solo cotico erboso
  • la formazione di siepi tra le carreggiate;
  • la rivegetazione dei rilevati di ricomposizione morfologica (es. portali di gallerie)

Scarpate in trincea

Sulle scarpate in trincea vanno previsti interventi a verde con tecniche di ingegneria naturalistica, non solo per problemi di inserimento paesaggistico , ma funzionali di erosione da ruscellamento nelle litologie meno compatte. Le scarpate in trincea vanno sistemate a seconda della litologia, non soltanto in funzione della stabilità geomeccanica, ma anche del rinverdimento (vedi tabella 5). Rocce sciolte (ghiaie, sabbie terrazzate, marne, etc) vanno, ove non sussistano impedimenti al contorno, scavate a pendenze non superiori ai 35°, per consentire riporti di suolo e successiva rivegetazione, con beneficio anche della stabilità superficiale e durata nel tempo.


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Interventi di sistemazione ambientale delle scarpate (da S.I.A. 3° corsia Orte-Fiano - Manuale 2 Regione Lazio)


Nel caso di pendenze maggiori (40°-45°) per evitare fenomeni di ruscellamento vanno previste tecniche di rivestimento o stabilizzanti (stuoie, reti, viminate vive, etc) che consentano la permanenza in sito della terra vegetale da riportare e garantiscano quindi la crescita della vegetazione. Vanno preferite, ove possibile dal punto di vista geotecnico, scarpate a tirata unica invece di scarpate a gradoni che presentano un antiestetico effetto geometrico; i problemi di ruscellamento superficiale vanno risolti adottando interventi antierosivi e stabilizzanti con tecniche di ingegneria naturalistica.

Opere di sostegno

Per quanto riguarda le opere di sostegno applicabili in ambito stradale e ferroviario sia su scarpate in rilevato che in trincea, sono ormai collaudate una serie di tecniche di ingegneria naturalistica che possono essere realizzate in sostituzione o in abbinamento con strutture tradizionali: Terre rinforzate rinverdite Consentono opere di sostegno importanti di altezze anche notevoli, alternative a opere murarie in calcestruzzo, ma con migliore reinserimento paesaggistico.

Va precisato che gli interventi a verde delle opere di sostegno devono prevedere oltre alle semine anche la messa a dimora di arbusti autoctoni in zolla e/o di talee legnose (salici, tamerici). Sono da considerarsi infatti incomplete e non collaudabili opere di ingegneria naturalistica di sostegno o miste non accompagnate dalla messa a dimora di talee e arbusti o addirittura senza semine. Ciò risponde a evidenti criteri naturalistici, ma anche funzionali sia nelle palificate in legname che nelle terre verdi rinforzate, per le funzioni antierosive e di stabilizzazione dei cunei terrosi frontali.

Tipologie delle opere di “ottimizzazione” del progetto non strettamente connesse con le pertinenze stradali. Rivegetazione a lato strada

Va comunque considerata l’opportunità di una riqualificazione del paesaggio mediante:

  1. ricostruzione di habitat

  2. ricostituzione di elementi della rete ecologica

  3. interventi di rivegetazione non strettamente connessi con le pertinenze stradali:

    • Realizzazione a lato strada di fasce di vegetazione “tampone” con funzioni di “filtro” sia per l’inquinamento atmosferico di spessore di almeno 10 m, che come barriere visive. Tali barriere verdi non hanno, in genere, funzioni antirumore e vanno abbinate, nel caso , a barriere fonoisolanti.
    • realizzazione con funzioni antirumore di fasce boscate molto ampie (superiori ai 25-30 m di larghezza) costituite da vegetazione arboreo-arbustiva fitta e realizzata con specie ramose e con una componente di sempreverdi (resinose e latifoglie) di almeno il 30%.
    • rivegetazione delle aree sotto i viadotti

Opere di compensazione

Vanno previsti i seguenti interventi: Interventi di rivegetazione a titolo compensatorio, in area più vasta, con la finalità di migliorare il tessuto delle reti ecologiche, dei corridoi faunistici ed in genere per l’aumento della biodiversità creazione di habitat umidi o zone boscate in ex cave presenti nell’area la bonifica e rivegetazione di siti degradati Interventi di rivegetazione per l’assorbimento della CO2 rinaturalizzazione di corsi d’acqua esterni all’opera comprendendo la rete dei fossi minori per la realizzazione di corridoi ecologici

Interventi antirumore

Una delle problematiche legate all’esercizio di strade e ferrovie è quello del rumore, che va affrontato in sede di scelta del tracciato, mantenendo ove possibile l’infrastruttura a distanze di sicurezza dagli abitati. La tipologia più diffusa, per motivi di praticità in particolare legati allo spazio e al massimo avvicinamento alla sorgente, è quella dei pannelli fonoisolanti montati su supporti metallici al ciglio strada. L’uso della vegetazione con funzioni antirumore richiede fasce boscate molto ampie (superiori ai 25-30 m e quindi poco proponibili nella realtà territoriale italiana) e costituite da vegetazione arboreo- arbustiva molto fitta e realizzata con specie ramose e con una componente di sempreverdi (resinose e latifoglie) di almeno il 30%. Altri sistemi a verde possono essere realizzati con uso di terrapieni vegetati con le tipologie che seguono: in terrapieno naturale vegetato, che richiede però comunque notevoli occupazioni di spazio lato strada e rilevanti quantità di inerti ; in strutture a terrapieno compresso verde in doppio muro cellulare rinverdito in calcestruzzo; in doppio muro cellulare rinverdito in legno; in pannelli fonoisolanti abbinati a terrapieni verdi o a fasce di vegetazione. La scelta dei materiali, il dimensionamento in altezza, la scelta delle specie dovranno tener conto sia dei parametri tecnici, sia delle caratteristiche della vegetazione locale (uso di specie autoctone), che dei problemi di natura paesaggistica. Nel caso si adottino pannelli trasparenti, la loro presenza va segnalata con adesivi di sagome di falconiformi per evitare lo schianto degli uccelli in planata. L’esperienza degli ultimi anni dimostra che in certe situazioni (in genere viadotti in aree urbane) si sono verificate numerose collisioni mortali

Per approfondimenti su strade e ferrovie rimanda a Sauli , Cornelini e Preti Manuale di ingegneria naturalistica volume 2 Regione Lazio 2003 - Capitolo 18,21, 22 Sauli , Ponis 2010 Mitigazioni a verde con tecniche di rivegetazione e ingegneria naturalistica nel settore delle strade - Linee guida ISPRA CATAP i a cura di Paolo Cornelini e Giuliano Sauli